Benedetto Ferraro
Benedetto Ferraro (Maratea, 1983) è uno scultore ceramista che vive e lavora in Calabria, nello specifico a Tortora in provincia di Cosenza, dove decide di avviare nel 2009 il progetto laboratoriale “Terrenotrie”, che radica in sé il profondo legame con la sua terra e il suo intento di approfondirne gli aspetti artistico-culturali. Collocato geograficamente sul confine calabro-lucano, Ferraro abbraccia una compagine culturale ampia e variegata, e tale conoscenza della storia e delle tradizioni diventa humus fertile per le sue sperimentazioni dall’approccio profondamente contemporaneo. Anche per tale ragione sradicarsi fisicamente dal luogo in cui ha scelto di edificare la propria “fucina” significherebbe perdere un tassello
fondamentale del background e delle ispirazioni che muovono l’impianto creativo della sua poetica.
Appassionato di arte fin da ragazzo, si diploma in Ceramica nel 2003 presso l’Istituto Statale d’Arte di Cetraro (CS).
La curiosità nei confronti della materia e la sperimentazione lo indirizzano verso l’uso dell’argilla refrattaria, che si presta perfettamente al concetto che l’artista vuole esprimere: la refrattaria, infatti, è materia integra che non reagisce chimicamente con altri materiali e resiste anche alle più alte temperature; tali peculiarità permettono all’artista un approccio creativo più libero e contemporaneo. Con Benedetto Ferraro l’arte del mettere diviene arte del togliere: l’argilla smaltata tende a spogliarsi del suo involucro per lasciare in mostra un’anima graffiata, materia grezza che pone l’attenzione sulla sostanza e sul significato intrinseco delle cose, ottenuto attraverso un linguaggio volto all’essenzialità.
In un gioco di pieni e di vuoti, di spazi e di silenzi emergono entità animiche e ancestrali della sua terra d’origine. La spiritualità si fa corpo manifestandosi in ogni segmento e sfaldamento della materia, in uno scavo letterale e figurato che eviscera sensazioni, emozioni, turbamenti e trasformazioni dell’anima, e in un richiamo atavico che lo stesso artista chiama “destino”, un moto interiore e una serie di circostanze della sua vita privata che lo hanno accompagnato fino all’argilla e all’espressione artistica.
A partire dal 2012 partecipa a numerose mostre mercato e festival dedicati alla ceramica in Calabria, Campania e nelle Marche, fino all’ottenimento nel 2023 del secondo posto nel Premio Fratelli Melis:
Biennale Internazionale di Arte Ceramica.
Tra le principali esposizioni alle quali prende parte si ricordano: la mostra itinerante “Ceramica in circolo” nell’ambito di Argillà Italia (Faenza) nel 2018; le edizioni del 2019 e del 2021 di Paratissima presso la Cavallerizza di Torino; la partecipazione nel 2023 alla prima edizione di Ponza LandArt, una residenza artistica che ha permesso di collocare una sua installazione permanete nel giardino botanico dell’isola di
Ponza. Inoltre, viene selezionato nelle edizioni del 2014, 2018, 2019, 2022 e 2023 del concorso “Ceramica del
Mediterraneo” a Grottaglie (TA), in particolare nella XXV edizione partecipa con l’opera “The Burned Tree”, che racconta la tragedia dei roghi che hanno devastato i boschi calabresi nel 2017, a riprova dello stretto legame che l’artista ha con il proprio territorio.
Come cofondatore dello spazio creativo “Quelolab!” di Tortora (CS), ancora una volta apporta valore aggiunto alla sua terra, aperto a collaborazioni con altri artisti dell’hinterland cosentino. È stato inoltre selezionato nel progetto LAP (Laboratorio Arte Pubblica) con la performance ADAM nella suggestiva cornice dei Calanchi di Pisticci giunta a noi immortalata in dieci scatti fotografici. A ciò è seguita ADAM2, una seconda performance che ha visto la luce a Calvello (PZ). In questa occasione l’artista diventa opera cospargendosi di argilla, creando un involucro fittile e il corpo dell’artista ne diventa il contenuto, l’anima dell’opera in senso sia metaforico sia fisico. È un’opera in cui non è richiesto l’utilizzo di utensili per la sua realizzazione, ma l’atto di eliminare, di sottrarre anche diversi passaggi canonici, oltre che della materia, permette di giungere all’idea finita. Attraverso tali performance l’artista rende manifesto il procedimento artistico che avviene durante la realizzazione delle proprie opere, rende empirica un’esperienza mistica e personale che coincide con l’atto creativo.